La nostra terra dei fuochi

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Marzo 2012. Questo, per tanti artigiani e piccoli imprenditori della Provincia di Pesaro e Urbino, è il titolo di una storia dell’orrore. Persone che hanno visto crollare, sotto il peso della neve, i tetti dei propri luoghi di lavoro, quasi tutti in amianto, una sostanza fortemente cancerogena: i tumori da essa provocati ai polmoni sono mortali nel 95% dei casi. Per questo motivo, l’amianto è un rifiuto pericoloso, che va smaltito secondo procedure rigorosissime e molto costose.

Costi che tante aziende hanno sostenuto nel rispetto di una legge che vuole tutelare la salute di tutti i cittadini. Aziende già in difficoltà per la forte crisi economica hanno affrontato, oltre ai costi della ricostruzione dei tetti nuovi, anche lo smaltimento di quelli vecchi in amianto, nel rispetto della legge, dei propri concittadini e dell’ambiente.

Tuttavia, è evidente come esistono persone che il rispetto non ce l’hanno per nessuno: né per la legge, né per i propri concittadini , né per se stessi. Al caso “Terra dei fuochi” in Campania, che vedeva sotterrati illegalmente ingenti quantità di rifiuti tossici in terreni agricoli e adibiti al pascolo, abbiamo assistito a cuor leggero, convinti del fatto che la lontananza potesse costituire un buon airbag di protezione da cose del genere. A sciogliere l’incantesimo è stata la notizia dello smaltimento illegale di amianto nel Comune di Apecchio, che tutti abbiamo potuto apprendere dai giornali, e che ci lasciano esterrefatti.

40 tonnellate di amianto sotterrato illegalmente sotto un parcheggio a pochi metri di distanza dal torrente Biscubio, un torrente d’acqua cristallina, per far risparmiare circa 500.000 euro a due grandi aziende della zona: la ELLE S.r.l. e la GALVANINA S.p.a.  E’ la cifra che le due ditte avrebbero dovuto spendere per lo smaltimento in sicurezza, secondo la procedura prevista dalla legge, dei propri tetti in amianto, ma che sono riusciti a risparmiare grazie alla compiacenza e la protezione di chi quelle leggi avrebbe dovuto farle rispettare. Mentre gli altri hanno rispettato la legge e pagato salato per smaltire in sicurezza l’amianto.

Sono 13 in tutto le persone indagate e delle quali si deve ancora accertare giudizialmente il grado di coinvolgimento e colpevolezza, ma ciò che è certo, è che tra gli indagati vi sono ex-sindaci, ispettori e funzionari Asur. Cariche importanti, capaci di influire sulla vita pubblica e che per questo dovrebbero essere ricoperte da persone degne di essere chiamati “primi cittadini”.

Sdegno è il termine più educato, e l’unico che ci è permesso di utilizzare, con il quale riusciamo ad esprimere il sentimento provato di fronte a questi fatti gravissimi che, purtroppo, vedono coinvolto anche un nostro compaesano, una persona che ricopre la carica di tutore massimo della nostra salute, mentre si trova in qualche modo indagato per la commissione di fatti che la nostra salute potrebbero averla compromessa per sempre. Nel sentimento generale di forte delusione, la domanda è una: perché è stato permesso questo?!

In cambio di che cosa è stata messa a repentaglio la salute di così tanti cittadini? Non possiamo e non vogliamo credere che persone che conosciamo nel quotidiano, che vivono accanto alla nostra porta, abbiano barattato la salute dei cittadini. Rimaniamo in attesa della verità processuale, che, conoscendo i tempi della giustizia italiana, forse tarderà un po’ ad arrivare, ma la nostra rabbia sarà in parte placata solo quando si accerterà chi è veramente responsabile di questa storia, in quale misura e perché è stato permesso questo.

A tutti quegli imprenditori che nel momento di maggior difficoltà senza ricorrere ad espedienti ma con abnegazione, coraggio ed onestà, hanno affrontato l’emergenza, ripartendo con la sola forza del sacrificio e dell’integrità morale, va oggi la nostra solidarietà ma soprattutto la nostra stima.